di Claudio Tucci, Il Sole 24 Ore
“L’Italia, e in particolare i ricercatori italiani all’estero, sono una fucina d’innovazione e di talento. Ma la politica va avanti con azioni frammentarie, manca una vision al 2050, una strategia, e occorre coinvolgere i corpi intermedi”. A lanciare l’appello a governo e istituzioni è Fabio De Furia, presidente di Miami Scientific Italian Community, un’organizzazione no-profit che aggrega una vasta comunità scientifica italiana in Florida negli Stati uniti, con lo scopo di realizzare un collegamento stabile tra università e industria, e che nei giorni scorsi ha chiamato a raccolta agli “Stati generali: l’Italia chiama” tutte le principali associazioni dei ricercatori italiani all’estero (dall’Australia al Regno Unito, dal Messico alla Francia).
I ricercatori italiani all’estero promuovono da sempre la collaborazione con enti e istituzioni straniere al fine di favorire le relazioni tra i ricercatori, rendere accessibili le tecnologie disponibili e supportare università e centri di ricerca italiani che si affacciano sui mercati esteri. “C’è ora bisogno di risposte nuove, adeguate alle trasformazioni in atto, per spingere più ricerca e più innovazione – ha spiegato De Furia -. L’Italia ha compreso l’importanza di questa sfida. Il sistema paese sta realizzando, nell’ambito del Pnrr, uno sforzo per rafforzare una sua cronica debolezza, la difficoltà a porsi “in una logica di sistema”, a “realizzare piattaforme condivise”, a investire in maniera non episodica sulla ricerca che sa raggiungere l’impresa e, di conseguenza, genera innovazione. E’ apprezzabile anche lo sforzo messo in campo da parte del ministero degli Affari Esteri di accrescere le fila degli addetti scientifici alla guida delle relazioni tra la rete diplomatica consolare e il sistema locale dell’innovazione. Ma attenzione – avverte De Furia – senza un progetto chiaro e linee guida, rischiamo di distruggere quel molto di buono che abbiamo fatto negli ultimi anni”.
Insomma, ricerca e innovazione non si improvvisano, e serve un approccio basato sulla concretezza e il dialogo con le associazioni dei ricercatori italiani all’estero, che possono fornire un rilevante contributo. “Abbiamo bisogno di capitale umano qualificato, obiettivi chiari e mezzi per raggiungerli – ha aggiunto De Furia -. Insomma, serve un grande patto su ricerca e innovazione”.
Come ha ribadito anche l’ex ministro ed ex presidente del Cnr, Luigi Nicolais: “Serve creare una rete solida tra i ricercatori italiani all’estero e il sistema dell’innovazione nazionale. Oggi più che mai la ricerca italiana deve saper guardare oltre i propri confini. Dobbiamo promuovere una maggiore integrazione tra i nostri centri di eccellenza e le realtà scientifiche globali, sfruttando le competenze dei ricercatori italiani all’estero per costruire un ecosistema innovativo che possa competere su scala internazionale”.
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