#covid19 – Una lezione dalla quale ripartire verso modelli economici più sostenibili

La pandemia da coronavirus ci ha colto di sorpresa e ogni giorno continua ad inquietarci con comunicati e bollettini da “guerra”.

In realtà essa è radicata in ben note criticità dell’attuale modello di sviluppo: contraddizioni del sistema fixnanziario, economico e produttivo; globalizzazione; disuguaglianze sociali; consumismo; sovra-popolazione; urbanizzazione; pressione sulle risorse naturali; inquinamento nelle sue diverse forme. Fenomeni simili non sono nuovi ed erano già occorsi nel recente passato, ma erano rimasti confinati in ambiti geografici delimitati e distanti dal nostro. In questo caso, invece, ha investito tutto il mondo, in particolare i Paesi sviluppati, con l’Italia che annovera un altissimo numero di contagi e decessi.

La fase di emergenza che stiamo vivendo sta causando inoltre diffusi impatti di natura economica e sociale nel nostro Paese e nel mondo. Tali impatti stanno determinando cambiamenti significativi sul sistema produttivo e sugli stili di vita, essendo lo shock avvenuto sia dal lato della domanda aggregata sia da quello dell’offerta aggregata. Parte di questi cambiamenti potrebbero sedimentarsi e diventare strutturali sia per attenuare la portata in futuro del ripetersi di simili shock, sia perché alcuni comportamenti possono essersi rivelati positivi.

Pur non entrando nel dibattito sulle ragioni che hanno palesato la vulnerabilità del nostro Paese, né sulla gestione della fase di emergenza, è opportuno evidenziare alcuni fattori che probabilmente hanno influito negativamente sulla nostra capacità di reazione (preparedness), riconducibili ad alcune strategie del recente passato: indebolimento del sistema sociale e sanitario in particolare, con tagli a spesa, personale, apparecchiature per sanare i bilanci pubblici; spostamento verso Paesi in via di sviluppo di filiere produttive di interesse nazionale ma a basso valore aggiunto per risparmiare sui costi di produzione; riduzione graduale dei fondi alla ricerca nei diversi ambiti scientifici e allo sviluppo di nuove tecnologie; ritardo nella digitalizzazione e nella diffusione della banda larga.

Indipendentemente dall’ammontare delle risorse economiche, e della loro provenienza, indispensabili per evitare il collasso economico, è necessario pensare alla fase del post-emergenza come un’occasione di rilancio del sistema economico ed industriale dell’Italia in chiave sostenibile. Per questo motivo, ci sembra opportuno sollevare alcune riflessioni per provare a trasformare questo terribile periodo in una possibile opportunità per il futuro.

La domanda su quale direzione indirizzare la ripresa, a partire dal post-emergenza, determina la necessità per il decisore pubblico, ma anche per i grandi investitori privati, di valutare gli impatti dei cambiamenti, le buone pratiche da mantenere e quali i potenziali effetti che potrebbero pregiudicare il proseguimento (o l’avvio) del percorso di sviluppo sostenibile desiderato. L’obiettivo è governare tale transizione ed orientarla.

L’emergenza sanitaria in corso ha messo in luce, tra l’altro, la vulnerabilità del nostro sistema produttivo in termini di approvvigionamento delle materie prime. Come Paese, ad esempio, abbiamo registrato una forte difficoltà a soddisfare l’esigenza di dispositivi di protezione individuale e respiratori perché per il loro approvvigionamento siamo attualmente quasi totalmente dipendenti dall’importazione da altri Paesi che stanno adottando politiche di chiusura, più o meno accentuate, dei loro territori.

La grande crisi sanitaria e economica che stiamo attraversando è un’occasione unica di ripensare il nostro modello economico, indirizzandolo verso modelli di produzione e consumo più sostenibili e circolari e promuovendo l’autonomia del nostro Paese rispetto all’importazione di beni e materiali.

Le imprese italiane dipendono fortemente dall’importazione di materie prime critiche quali ad esempio terre rare, cobalto, litio, manganese, fosforo. Le Politiche di decarbonizzazione promuovono ad esempio la transizione alla mobilità elettrica, tuttavia uno sviluppo industriale di questo settore deve essere basato su un approvvigionamento sicuro delle materie prime necessarie per le batterie di accumulo, per i generatori e per i motori elettrici.

Il settore agroindustriale dipende fortemente dall’uso del fosforo, che ad oggi è importato al 100% da Paesi extra Europei. Tuttavia, ad oggi non esiste una mappatura trasparente e tracciabile delle reali esigenze del Paese in termini di materiali, né delle risorse potenziali o già utilizzate. Non sappiamo e non abbiamo modo di sapere quali siano le maggiori criticità per il nostro sistema produttivo e non possiamo quindi indirizzare gli investimenti con priorità.

In un Paese povero di materie prime come l’Italia, lo Urban Mining costituisce una valida alternativa all’importazione.

I rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), ad esempio, sono un concentrato di metalli preziosi e materie prime ad elevato valore aggiunto, e le nostre città possono essere considerate delle vere e proprie miniere a cielo aperto. Tuttavia, l’attuale sistema di riciclo non riesce a garantire l’efficace recupero delle materie prime accumulate negli stock urbani.

La filiera necessita di essere incentivata, occorrono gli impianti e la promozione del mercato delle materie prime seconde, oltre ad una normativa snella e abilitante.

Il primo passo da compiere riguarda il cambio di approccio sulle materie prime, che non devono essere gestite in maniera separata in funzione della fonte (che si tratti di estrazione mineraria o di riciclo), ma piuttosto in maniera organica e integrata traguardando l’intera catena di valore di ogni materia prima.

E’ necessario dunque implementare una strategia di medio lungo periodo, che rafforzi resilienza e autonomia del Paese.

La resilienza intesa come capacità delle filiere produttive di riadattarsi e far fronte velocemente a picchi improvvisi della domanda di prodotti e servizi, attraverso una diversificazione produttiva e un efficientamento della catena logistica. L’autonomia intesa anche come rafforzamento di settori fondamentali come ad esempio l’agro-alimentare, il biomedico/sanitario, l’Hi-Tech.

Solo la creazione di filiere robuste e stabili può permettere una gestione non emergenziale in caso di shock pandemici.

Per affrontare questa crisi è necessario uno sforzo enorme, vale la pena di indirizzarlo nella giusta direzione, invertendo l’attuale rotta e puntando su un modello economico e di sviluppo più sostenibile.

Bisogna però dare gambe a questo modello economico innovativo, con politiche di supporto alla ripresa del Paese adeguate e indirizzando i piani di investimento sul percorso della decarbonizzazione e della circolarità, promuovendo una concreta transizione verso modelli di produzione e di consumo basati su un approvvigionamento ed utilizzo sostenibile delle risorse e sulla riduzione delle emissioni nell’ambiente e degli impatti sociali delle attività produttive.

Si tratta di un processo di transizione molto complesso che necessita di azioni coordinate su scienza, tecnologia ed economia, ed è basato su un approccio inclusivo e collaborativo. Fondamentali strumenti sono lo sviluppo e l’implementazione di tecnologie, metodologie e approcci per l’uso e la gestione efficiente delle risorse e la chiusura dei cicli nelle imprese, nelle filiere, nelle aree urbane e sul territorio.

Molte sono le grandi sfide da traguardare su cui avviare un immediato programma di investimento. Tra queste:

  • Industria sostenibile e circolare;
  •  Transizione delle aree urbane verso città smart e circolari;
  • Uso e gestione efficiente del Capitale Naturale e del territorio a partire da diverse priorità e nuove relazioni tra capitale economico e capitale naturale;
  •  Benessere, qualità della vita, integrazione ed inclusione, come obiettivi.

Servono però interventi sistemici con la realizzazione di infrastrutture e impianti, maggiori investimenti nell’innovazione e, soprattutto, con strumenti di governance efficaci. 

In questo quadro, ENEA, date le sue competenze multidisciplinari sulla sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali, può supportare adeguatamente la transizione verso sistemi e mezzi di produzione e consumo più sostenibili trasferendo tecnologie, metodologie, conoscenze alle Istituzioni, centrali e locali, alle imprese, con particolare riguardo alle PMI, e ai cittadini sia per gli aspetti di formazione/informazione che per il loro necessario diretto coinvolgimento negli interventi sui territori.

By: Roberto Morabito, Director of Department for Sustainability of Italian National Agency for New Technologies, Energy and Sustainable Economic Development, ENEA and Member of International Advisory Board

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